Recensione a cura di: Francesca Rizzo, Università degli Studi di Padova

Le immunodeficienze primitive (PID) sono manifestazioni eterogenee di difetti del sistema immunitario; in quasi il 75% caratterizzate da deficit anticorpali (PAD). I pazienti affetti da PAD sviluppano spesso complicanze polmonari, dovute alla costante infiammazione sistemica ed alle infezioni polmonari ricorrenti, che possono svilupparsi nonostante livelli apparentemente adeguati di terapia sostitutiva. Poiché le infezioni polmonari possono essere spesso misconosciute, si è resa fondamentale l’identificazione di protocolli validati per riconoscere precocemente anche le infezioni polmonari subcliniche e monitorare lo sviluppo delle malattie croniche polmonari.

In questo contesto, Jolles e colleghi hanno voluto raccogliere l’esperienza di 13 centri di riferimento europei per le PID, analizzando 1061 pazienti adulti (di cui il 75% risultavano essere affetti da IDCV – Immunodeficienza Comune Variabile) e 178 pazienti pediatrici, affetti da PID in terapia sostitutiva con IgG.

Attraverso un questionario di 12 domande, che divideva i pazienti in tre sottogruppi in base al grado di compromissione polmonare, sono stati raccolti dati riguardanti la frequenza di: monitoraggio clinico, esami di laboratorio (compresi esami colturali dell’espettorato ed emogasanalisi arteriosa), test di funzionalità polmonare (prove di funzionalità respiratoria con studio della diffusione alveolo-capillare e test del cammino), indagini radiologiche (TC ad alta risoluzione e RM torace) ed altri test (come ad esempio visite pneumologiche e otorinolaringoiatriche). Sono stati inoltre analizzati il dosaggio e la frequenza della terapia sostitutiva con IgG e delle altre eventuali terapie in atto (comprese profilassi antibiotica e terapia con immunosoppressori e farmaci biologici).

Dai risultati è emersa una forte variabilità tra i centri europei nel monitoraggio e nella gestione dei pazienti, sia paragonando i protocolli per i tre sottogruppi di pazienti (nessun coinvolgimento polmonare vs. pazienti con bronchiectasie vs. pazienti con altre complicanze polmonari), sia per pazienti adulti rispetto ai pazienti pediatrici: le differenze sono risultate sostanziali soprattutto per quanto concerne la frequenza di esecuzione di test di laboratorio, esami strumentali e visite specialistiche. Un altro risultato rilevante è stata la mancanza di linee guida nazionali e all’interno dei vari centri: tra quelli analizzati solo 3 centri su 13 (italiani e svedesi) hanno confermato infatti di essere aderenti alle linee guida nazionali nelle loro pratica clinica.

Pur con le limitazioni intrinseche a questo studio (disegno retrospettivo, equiparazione tra pazienti adulti e bambini, scarsa considerazione delle eventuali comorbidità dei pazienti, etc.), da questo lavoro emerge l’urgente necessità di linee guida condivise per l’identificazione ed il monitoraggio delle complicanze polmonari nei pazienti affetti da PID (anche per poter individuare con maggior sicurezza dei biomarkers come indici prognostici di malattia) ed il bisogno di metodi più standardizzati per valutare la qualità di vita di questi pazienti.